Mi sono sempre chiesto se sia giusto considerare il Necronomicon un semplice grimoire. La quasi totalità dei testi magici conosciuti contengono formule o informazioni che servono a seconda dei casi ad evocare demoni, ottenere favori oppure sono un insieme ricette più o meno complesse per creare pozioni magiche, veleni e filtri d’amore. Tutta roba molto noiosa o molto divertente, come insegna Walt Dinsey.
In una buona biblioteca con una ricerca accurata è possibile trovare decine di libri a stampa di magia o di alchimia che promettono di insegnare a controllare gli elementi naturali, la volontà dell’uomo o a trasformare il piombo in oro. L’essere umano non è mai stato capace di rassegnarsi all’idea che siano tutte invenzioni e nel corso dei secoli ha cercato di reintegrare questi testi nella cultura della propria epoca decodificandone il significato attraverso significati simbolici, metaforici o filosofici. Di tanto in tanto qualcuno ha pensato di poterli riscoprire come vere fonti magiche com’è stato il caso del famoso occultista Aleister Crowley, o Eliphas Lévi, (pseudonimo di Alphonse Louis Constant).
In ogni caso si è sempre data molta importanza al contenuto piuttosto che all’oggetto; l’ossessione dell’uomo nei confronti della magia infatti è ingiustificatamente razionale: il contenuto del libro è più importante dell’oggetto, il senso è più importante della forma, e tutti gli studiosi di magia si sono concentrati sulle parole prima che sull’estetica. Benché questo sia il modo giusto modo di addentrarsi nello studio di qualsiasi altra materia esso risulta semplicistico nei confronti di una scienza come quella magica.
Lovecraft nella sua storia del Necronomicon ipotizza che possano esisterne più copie in diverse lingue ma non ci assicura che siano tutte altrettanto “utili”. In un precedente articolo abbiamo visto che l’esigenza di descrivere il N. come un testo rilegato in pelle di uomini e donne uccisi con la stregoneria, potesse essere dovuta a un’esigenza di protezione del suo contenuto dagli esseri che esso stesso controllerebbe. Inoltre il N. non sarebbe altro che una trascrizione (inizialmente greca) dell’archetipo arabo Kitab Al-Azif ) scritto da Abdul Alhzred e vergato su pergamena.
Proviamo ad andare oltre e, come in un’antica pozione, mettiamo insieme questi due elementi: pergamena in pelle umana che riveste il Necronomicon e pergamena sulla quale l’arabo pazzo avrebbe scritto il suo folle poema. E per amalgamare il tutto utilizziamo questa informazione: anticamente per risparmiare sui materiali per rilegare i libri si utilizzavano vecchie pergamene usate il contenuto delle quali sembrava poco importante. A questo punto non possiamo non immaginare che la copia perfetta del Necronomicon sia una ed una sola e che essa sia rilegata con la pergamena del manoscritto dell’originale Al-Azif, e che quella e solo quella copia sia in grado di evocare I Grandi Antichi.