bibliofollie

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lunedì 13 dicembre 2010

Uniti contro il mondo e contro la vita

Contro il mondo, contro la vita, è uno dei primi scritti di Houellebecq (1991) tradotto in Italia da Bompiani nel 2001; ed è una biografia critica di Lovecraft.
Chi si sarebbe aspettato che Houellebecq avesse tra i suoi primi amori letterari il Solitario di Providence? Beh, non era poi così difficile e lo dimostra questo piccolo estratto che non posso esimermi dal trascrivere:
"Se si ama la vita, non si legge. Nè, d'altronde, si va al cinema. Checché se ne dica, l'accesso all'universo artistico è riservato quasi esclusivamente a chi ne abbia un po' le palle piene.
Lovecraft, dal canto suo, ne aveva parecchio le palle piene."
In Contro il mondo, contro la vita Houellebecq traccia un profilo affascinante dello scrittore di Providence, a volte a discapito della realtà, ma poco c'importa.
Questo piccolo trattato è la dimostrazione che uno scrittore può inventare un mondo e lasciare che viva, fino al punto di inglobare il proprio creatore.
Si tratta di una dimostrazione di grande talento: mostrare quello che non esiste fino a renderlo reale (vale sia per M.H. che per H.P.L.)
È un libro da leggere per capire dove Lovecraft è arrivato, indipendentemente da quale fosse la sua destinazione iniziale.

mercoledì 24 novembre 2010

Antitipografia - ovvero creare un libro inesistente

L’arte nera degli pseudoboblia

“Arte nera” era il nome con cui era anticamente soprannominata alla tipografia. Definizione calzante perché racchiude in sé due concetti: l’arte del lavorare con l’inchiostro inchiostro nero; ma anche l’arte di Lucifero.
La comprensione del secondo concetto è meno immediata ma, come vedremo, altrettanto lineare.
Verso la metà del XV secolo, periodo in cui nasce il libro a stampa, per la Chiesa ciò è “nuovo” è anche sinonimo di “male”: la conoscenza è pericolosa, soprattutto nelle mani di una massa da sempre sottomessa alle regole dell’ignoranza.
L’invenzione di Gutenberg (il torchio per la stampa a caratteri mobili) offre la possibilità di produrre centinaia di copie di un libro in tempi decisamente brevi rispetto a quelli occorrenti a stilare un codice manoscritto, ed a prezzi accessibili come mai prima di allora.
Gutenberg stesso potrebbe essere definito come il primo grande diffusore di conoscenza, il portatore della luce: il Lucifero.
Da quel momento i tipografi nascono e si moltiplicano come cellule impazzite; alcuni di loro, i più temerari, riducono la stampa dei testi in latino in favore di quelli in volgare, la lingua nascente del popolo compresa e parlata dalla massa; quella del libro diventa un’industria di successo.
La Chiesa è comprensibilmente spaventata: la stampa è l’arte del diavolo.
Siamo nel periodo più florido dell’Inquisizione, nasce l’Indice dei libri proibiti e molti anni trascorrono offuscati dai fumi neri dei roghi di streghe e di libri.
Contemporaneamente il clero prende confidenza con questo nuovo mezzo di diffusione delle idee e ne approfitta per plasmarlo a proprio uso; neanche i libri stampati “alla macchia”, ovvero senza i privilegi della Chiesa, riescono a contrastare la tendenza.
Ma ecco che s’intravede una luce proveniente da un passato più saggio che attraversa l’oscurità asfissiante dell’ignoranza monotematica della teologia e dei libri d’ore: il libro che non esiste, lo pseudobiblia.


Antitipografia ovvero come creare un libro inesistente
Ogni pseudobiblia è un testo trasversale che si arricchisce delle informazioni, dei conflitti e dei desideri di chiunque ne viene in contatto; dati alcuni vincoli iniziali il creatore lo lascia al suo destino che raramente riesce a controllare.

Tralasciamo il lato creativo dello pseudobiblia e quindi il lavoro dell’autore, in quanto esso è in tutto e per tutto identico a quello dello scrittore. La vera difficoltà sta nella pubblicazione di un libro del genere che, a ragion veduta, definiremo come introvabile. Ma questo è il lavoro dell’antitipografo.
L’antitipografo deve avere tutte le caratteristiche dell’uomo illuminato ed allo stesso tempo quella leggerezza d’animo che dovrà trasmettere alle sue opere.
La difficoltà non è nel mettere su carta un’idea, più o meno sensata, quanto astrarla da quel supporto ed elevarla ad oggetto palpabile all’immaginazione.
In questo Lovecraft si rivelato un maestro; essendo riuscito ad imprimere, non su carta ma nella mente dei posteri, con l’inchiostro nero della sua anima visionaria.

mercoledì 10 novembre 2010

Legami di pelle

Mi sono sempre chiesto se sia giusto considerare il Necronomicon un semplice grimoire. La quasi totalità dei testi magici conosciuti contengono formule o informazioni che servono a seconda dei casi ad evocare demoni, ottenere favori oppure sono un insieme ricette più o meno complesse per creare pozioni magiche, veleni e filtri d’amore. Tutta roba molto noiosa o molto divertente, come insegna Walt Dinsey.
In una buona biblioteca con una ricerca accurata è possibile trovare decine di libri a stampa di magia o di alchimia che promettono di insegnare a controllare gli elementi naturali, la volontà dell’uomo o a trasformare il piombo in oro. L’essere umano non è mai stato capace di rassegnarsi all’idea che siano tutte invenzioni e nel corso dei secoli ha cercato di reintegrare questi testi nella cultura della propria epoca decodificandone il significato attraverso significati simbolici, metaforici o filosofici. Di tanto in tanto qualcuno ha pensato di poterli riscoprire come vere fonti magiche com’è stato il caso del famoso occultista Aleister Crowley, o Eliphas Lévi, (pseudonimo di Alphonse Louis Constant).
In ogni caso si è sempre data molta importanza al contenuto piuttosto che all’oggetto; l’ossessione dell’uomo nei confronti della magia infatti è ingiustificatamente razionale: il contenuto del libro è più importante dell’oggetto, il senso è più importante della forma, e tutti gli studiosi di magia si sono concentrati sulle parole prima che sull’estetica. Benché questo sia il modo giusto modo di addentrarsi nello studio di qualsiasi altra materia esso risulta semplicistico nei confronti di una scienza come quella magica.
Lovecraft nella sua storia del Necronomicon ipotizza che possano esisterne più copie in diverse lingue ma non ci assicura che siano tutte altrettanto “utili”. In un precedente articolo abbiamo visto che l’esigenza di descrivere il N. come un testo rilegato in pelle di uomini e donne uccisi con la stregoneria, potesse essere dovuta a un’esigenza di protezione del suo contenuto dagli esseri che esso stesso controllerebbe. Inoltre il N. non sarebbe altro che una trascrizione (inizialmente greca) dell’archetipo arabo Kitab Al-Azif ) scritto da Abdul Alhzred e vergato su pergamena.
Proviamo ad andare oltre e, come in un’antica pozione, mettiamo insieme questi due elementi: pergamena in pelle umana che riveste il Necronomicon e pergamena sulla quale l’arabo pazzo avrebbe scritto il suo folle poema. E per amalgamare il tutto utilizziamo questa informazione: anticamente per risparmiare sui materiali per rilegare i libri si utilizzavano vecchie pergamene usate il contenuto delle quali sembrava poco importante. A questo punto non possiamo non immaginare che la copia perfetta del Necronomicon sia una ed una sola e che essa sia rilegata con la pergamena del manoscritto dell’originale Al-Azif, e che quella e solo quella copia sia in grado di evocare I Grandi Antichi.

martedì 26 ottobre 2010

La strega e il Necronomicon

Jules Michelet (1798-1874) è stato uno dei maggiori storici dell’ottocento e cattedratico di storia moderna della Sorbona. Cosa c’entra Michelet con Lovacraft? Apparentemente niente a meno che non si prenda in considerazione il suo lavoro più discusso: La strega; opera con la quale mise a rischio la sua reputazione di storico.
Vediamo cosa c’è di tanto eccezionale in saggio sulla figura della strega e cosa lo avvicina in qualche modo al Solitario di Providence. Il primo indizio ci viene dal giudizio di Roland Barthes, secondo il quale La strega esprime una «formidabile ambiguità» fra romanzo e analisi-storica.
Per non portarla troppo a lungo quello che Barthes afferma è che Michelet sia un esploratore e un inventore di miti. E questo non può non farci pensare a quel grande inventore che è stato Lovecraft. Entrambi vivono l’approccio con la verità in modo dinamico ovvero come un problema in continua evoluzione e che quindi necessita di una soluzione variabile.
Tutti sappiamo che la figura della strega ha almeno due punti di vista: il primo è quello della Chiesa che l’ha inventata o meglio l’ha plasmata alle fobie del clero; l’altro è quello realistico, che descrive queste donne accusate di cose orrende ma colpevoli solo di azioni fuori dal comune.
Nel suo libro Michelet per trovare una soluzione al problema di definire la vera figura della strega, decide di fondere queste due visioni, entrambe determinanti la loro sorte.
Secondo M. la strega può essere* bella e giovane o brutta e vecchia, buona o cattiva; visioni che combinate diversamente danno origine al mito e alla persecuzione. Il tutto ha inizio durante i primi secoli del medioevo quando la donna da elemento insignificante della famiglia allargata e patriarcale comincia ad allontanarsi dalla casa d’origine per inseguire i sogni di una famiglia propria assieme allo sposo. Ma le cose non sono semplici i posti da colonizzare sono sempre più lontani dall’abitato: in montagna e nei boschi, ma anche qui non è facile trovare di che sopravvivere e allora gli uomini partono per la caccia e stanno via settimane a volte mesi, lasciando la propria consorte in balia degli stenti e delle allucinazioni che ne conseguono in forma di sogni.
Ed è a questo contesto che lei deve adattarsi: si guarda intorno sperimenta piante commestibili, rimedi e soprattutto si confronta con altre disperate; ma è a questo che accade il miracolo: la donna si libera, è autosufficiente e balla per la felicità e per la prima volta vola sulla scopa**, strumento simbolo del ruolo che l’attanaglia e diventa il mezzo per raggiungere il suo amante: Lucifero.
Mentre tutto ciò sta accadendo il marito rientra dalla caccia dopo mesi d’assenza e, terrorizzato da ciò che vede, grida: «alla strega!».
Michelet non ha problemi a mescolare la realtà vissuta con quella fantasticata, ideata dai carnefici, perché le due identità coincidono al punto che separarle è la via più breve per la menzogna.
Tutto quanto detto finora può essere traslato all’opera di Lovecraft: le dissertazioni sull’esistenza del Necronomicon sono inutili e lontane dalla ricerca della verità; perché oggi ciò che esiste di questo testo è di gran lunga superiore a ciò che non esiste. Stiamo di fatto assistendo alla nascita di un archetipo (benché ancora molto incerto e sconclusionato), niente di tanto diverso da quanto successe a seguito del passaparola millenario che si è depositato nel testo sacro più imponente della storia dell’uomo: la Bibbia.



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(*) Sprenger afferma: “gli stregoni contano poco”, “l’eresia è delle streghe” quindi della donna. Malleus Maleficarum, 1487, Kramer e Sprenger.
(**) La legenda della scopa nasce da un fatto reale: gli unguenti preparati con piante come la belladonna sono allucinogeni e se cosparsi sulle mucose vengono assorbiti dando una sensazione di leggerezza simile al volo. Le donne rimaste sole per molto tempo nelle loro case isolate nel cospargevano I manici di scopa con I quali si davano piacere.

domenica 17 ottobre 2010

Scrittori inesistenti di libri introvabili

In questo giorni ho scoperto che i libri introvabili non sono l’unica anomalia artistica nel campo letterario, ben più folle è il concetto di scrittore inesistente.
Ne è un nobile esempio la Enciclopedia degli scrittori inesistenti, curata da Giancarlo Marino e Aldo Putignano, contenente centinaia di schede riferite a scrittori non vissuti e generi letterari mai nati.

Dalla prefazione:

“In questo bizzarro volume si muovono infatti scrittori che non sono mai esistiti e opere che nessuno può aver letto: una teoria di personaggi più o meno verosimili, che attraversano infinite epoche e culture, da Adamo ai robot scrittori del futuro, dai popoli dell’antichità al medioevo cristiano, dal romanticismo alle avanguardie.”

Tra le altre schede spicca quella su Ignazio Beneduce, autore di un falso Necronomicon dalla descrizione estremamente interessante:

Beneduce Ignazio (Nettuno, Roma ? - ?) teologo, archeologo, storico e linguista. Viene ritenuto uno dei maggiori esperti sulle lingue di origine semitica. A Roma dal 1898, entrò a far parte della Compagnia di Gesù. Nel 1906 i suoi superiori lo inviarono al Cairo presso il collegio secondario gesuita della Sacra Famiglia, la motivazione ufficiale del viaggio fu lo studio della lingua araba, in realtà ebbe il compito di indagare sul confratello francese Pierre Teilhard de Chardin.
In questo periodo B. visitò più d’una volta la vicina biblioteca di Alessandria, San’a nello Yemen del Nord e il deserto. Nel 1908 rientrò a Roma e pubblicò Antichi culti e nuove minacce. Un testo unico, nel quale B. descrive divinità dimenticate; sua peculiarità è la complessa struttura letteraria, la cui architettura, simile al mantra, causa un senso di profonda vertigine; ad oggi non esistono testi analoghi.
Tra il 1910 e il 1921 studiò il rapporto tra l’evoluzione delle lingue semitiche e l’affermazione di alcuni testi sacri quali il Corano, la Bibbia, la Torah e altri. Nel 1927 pubblicò il saggio Scrittura nella lingua di Dio, rivoluzionario strumento per la comprensione della comunicazione tra Dio e l’uomo. Nel 1928 ebbe incarico dal Sant’Uffizio di stilare un indice dei libri blasfemi di ogni tempo. Iniziò così un viaggio che durerà quasi trent’anni; girerà l’Europa per poi spingersi fino in Cina, Africa e due volte negli Stati Uniti, nel 1935 e nel 1954.
Nel marzo del ‘55, a New York, fu coinvolto in uno scandalo; il Vaticano si affrettò a farlo rientrare. Se ne perdono le tracce per qualche tempo ma è noto che passò gli ultimi anni della sua vita in esilio presso il convento dei Camaldoli di Napoli, dove probabilmente morì. Durante gli anni Napoletani rivide i suoi scritti e, immobilizzato a letto, dettò le sue memorie. Alcuni studiosi sostengono che sia stato lui a elaborare la teoria NNE (Nekros Nomos Eikon), secondo la quale esisterebbe un archetipo unico da cui hanno preso avvio i testi sacri di ogni religione. A parere degli stessi, le sue idee sarebbero state raccolte nel volume a stampa manuale (1978) dal restauratore Apollo Carli che lo chiamò Necronomicon, ritenendo che esso riassumesse l’essenza del noto pseudobiblion citato da H.P. Lovecraft.

L’opera. Il testo è costituito di quattro parti, l’introduzione e tre libri: Dei Morti: Nel quale si descrivono esseri biasimevoli ed assai pericolosi per l’umana specie. Qui si parla della loro forma, dei luoghi che essi preferiscono abitare e di quant’altro ci è stato possibile render chiaro alli stimati nostri lettori. Dei Canti: Nel quale si trovano quelle cose utili e necessarie al dialogo con esseri che per loro natura sono indifferenti all’uomo. Si ritiene che senza queste arcane informazioni non vi sia modo alcuno di comprenderne i moti. Del Simulacro: Nel quale vengono narrate le vicende di un meritevole ed antico viaggiatore che ha potuto vedere e tramandare tutte le cose che in quest’opera sono mostrate e molte altre che sono avvenute prima e dopo di lui.
Evidente ripartizione secondo le tre parole greche del titolo: “dei morti”, “dei canti”, “del simulacro” ossia nekros, nomos ed eikon. Non esistono tracce di questo libro, né del suo autore; ne rimane il ricordo di qualcuno che lo ha conosciuto.

L’autore di questo piccolo ma prezioso trattato è un tale Vinicio Lamia, con il quale sto cercando di mettermi in contatto, per adesso senza successo alcuno; che sia inesistente anche lui?



lunedì 4 ottobre 2010

Lovecraft inventore

Dopo l’intermezzo della settimana scorsa dedicato al cinema e alla lavorazione del film di prossima uscita diretto da Guillermo Del Toro, torniamo al nostro argomento principale: il Necronomicon.
Cedendo alla tentazione di riassumere le “puntate” precedenti ricordando che abbiamo parlato di quale sarebbe l’estetica del Necronomicon se questo esistesse e fosse legato in pelle umana; abbiamo anche accennato alla realizzazione di legature antropodermiche, queste infatti non sono un’invenzione né di Lovecraft né un espediente da cinema orrorifico di serie B, si tratta piuttosto di una pratica poco comune ma comunque utilizzata nella legatura di più di un volume realmente esistito.
Ce ne dà conferma anche un libro di Guido Zigaina: Manuale di bibliofilia (Milano, Mursia, 1988) dove a pagina 9 troviamo questa efficace descrizione:

“[...] La pergamena e la cartapecora sono, infatti, pelli di animale; capra, montone, pecora, vitello, ecc., (e persino umana, come testimoniano, tra gli altri, una Bibbia ed un testo di Decretali - cioè le lettere contenenti le decisioni dottrinali dei papi raccolte a partire dal XIII secolo - conservate nella Biblioteca Nazionale di Parigi)”

Ma non è la Biblioteca Nazionale di Parigi la stessa citata da Lovecraft nella sua History of Necronomicon? (Fig.1)
Vediamo quindi cosa dice il nostro solitario riguardo lo pseudobiblia nel breve saggio che scrisse nel 1927 ad uso suo e dei suoi amici scrittori e lettori:

“Delle versioni latine attualmente esistenti, una (del XV secolo) è ben custodita nel British Museum, mentre un’altra (del XVII secolo) si trova nella Bibliothèque Nationale a Parigi” 

Fig.1 - H.P.L., History of Necronomicon
manoscritto autografo




Osservazioni:
Da quanto esposto mi sembra abbastanza chiara la coincidenza tra la scelta di H.P.L. e la citazione di Zigaina; essa può essere considerata interessante se ipotizziamo che Lovecraft e Zigaina facciano riferimento alla stessa fonte d’informazioni. Non perché utilizzare fonti omologhe sia un evento eccezionale, piuttosto perché questo significherebbe che Lovecraft aveva studiato più dettagliatamente di quanto immaginavamo l’ideazione dello pseudobiblia; da qui l’inevitabile osservazione che tutte le coincidenze che negli anni hanno reso verosimile l’esistenza del Necronomicon fossero state accuratamente studiate, e forse addirittura previste, dal nostro acuto scrittore o, come sarebbe giusto definirlo: inventore.

lunedì 27 settembre 2010

del Toro e Cameron scalano "Le montagne della follia"

At the Mountains of Madness (Alle montagne della follia) è un romanzo breve scritto da Howard Phillips Lovecraft negli anni trenta del secolo scorso, tradotto poi in italiano come Le montagne della follia.
Da qualche tempo gira in rete la notizia che il regista Guillermo Del Toro abbia finalmente trovato i finanziamenti per realizzarne un lungometraggio. Pare si tratti di un centinaio di milioni di dollari, neanche tanti se pensiamo che Avatar ne è costati più di trecento.
A racimolare tanti soldi è stato anche in questo caso James Cameron, deciso a produrre il film così come il regista lo desidera.
Sono quasi tredici anni che del Toro sogna di realizzarlo partendo da una sceneggiatura che rispetti il lavoro dello scrittore di Providence; cosa non facile visto che, così com’è stata pensata la storia di questa avventura al Polo Sud, è priva di alcuni elementi ai quali il cinema hollywoodiano fa fatica a rinunciare: una storia d’amore e un finale catartico. Ammesso e non concesso che esistessero due cose che Lovecraft detestasse più della vita stessa, sarebbero state proprio queste due.* 
L’incompatibilità tra lo scrittore e il gusto statunitense si rivelò già nel 1931 quando At the Mountains of Madness ricevette parecchi rifiuti, tanto da fargli considerare l’ipotesi di smettere di scrivere. Riuscì a pubblicarlo solo cinque anni dopo (nel 1936) facendone una revisione tanto imponente quanto frustrante.
Ma del Toro non ci sta, lui vuole girare il film nel rispetto della rigida genialità dell’autore e soprattutto della propria visione.
Ovviamente uno degli aspetti che mi interessa maggiormente di questa trasposizione è quello relativo al Necronomicon. Il libro maledetto viene citato molte volte nel testo ma non compare mai; serve piuttosto ai protagonisti a interpretare la realtà che di volta in volta gli si para innanzi (vedi le masse informi assimilabili agli Shoggoth e il favoloso altopiano di Leng).
Del Toro potrebbe essere tentato dal fascino e dalla popolarità dello pseudobiblia e farlo comparire magicamente, in questo caso sarà interessante vedere quale forma gli darà.  
Non bisognerebbe sperare che il film sia fedele al romanzo ma che lo sia all’autore.

___________
*In una lettera a J.V.Shea del 1931 H.P.L. scrive: “La vita non mi ha mai interessato tanto quanto l’evasione dalla vita”.
Lovecraft - L’orrore della realtà di G. de Turris, S. Fusco; ed. Mediterranee.


lunedì 20 settembre 2010

Piccola biblografia degli orrori

Nell’ultimo post sul Necronomicon ho lasciato in sospeso una domanda: esistono libri realmente rilegati in pelle umana?
Ho iniziato la mia ricerca con l’intento di dare una risposta a questo interrogativo, positiva o negativa che fosse; cercando un riferimento bibliografico serio.
Abbiamo visto come, almeno in teoria, sia possibile trasformare la pelle umana in pergamena, ma esiste davvero qualcuno così folle da farlo?
Ebbene sì.
La caccia alla legature è iniziata nel luogo più ovvio: la Biblioteca Nazionale. Dopo un paio di giorni di ricerche poco più che inutili ho trovato qualcosa di interessante nel Dizionario illustrato della legatura di Federico e Livio Macchi (Sylvestre Bonnard, 2002), precisamente alla pagina 471 sotto la lettera "U" spiccava la voce “Umana, Pelle”. Le informazioni scritte dai due autori sono molte, riporto di seguito quelle che mi sembrano più importanti:

"Sono noti esemplari medievali di legatura in pelle umana: una Bibbia e un testo di decretali sono conservati presso la Bibliothèque Nationale de France a Parigi. Un esemplare è segnalato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano."

Sono riportati anche aneddoti interessanti:

“[…]aneddoto - narrato da Cim nell’opera già ricordata, da Francesco Lumachi e da Giuseppe Fumagalli - di un’ammiratrice che avrebbe inviato un lembo di pelle della propria schiena “post mortem” e tramite il proprio medico, all’astronomo Flammarion: questi affidò il macabro “voto di una morta” ad un conciatore che, dopo tre mesi, restituì una pelle “bianca, di grana superba, inalterabile” con la quale Flammarion fece legare un esemplare di Les Terre du Ciel che recava incisa sul dorso in lettere d’oro la frase: “Pietoso adempimento di un voto anonimo. Rilegatura in pelle umana.
Se “bianca finissima e dolcissima” fu giudicata l’anonima pelle votiva, ben altro aspetto presentava la pelle di donna da noi vista su un volume in-ottavo in vendita ad alto prezzo, qualche anno fa, presso un libraio antiquario parigino: bianco-grigiastra, rigida e raggrinzita dal tempo, era tristissimo e sgradevolissimo oggetto.”

Seguendo la scia della bibliografia citata dai Macchi e delle citazioni, sono arrivato al Manuale Enciclopedico della bibliofilia di Bandini-Buti:

"[...] Esistono rarissimi esemplari di legature in pelle umana: un catalogo Maggs del 1932 offriva per 105 sterline un volume rilegato in pelle umana [...]"


Osservazioni
Non posso nascondere un certo entusiasmo quando ho trovato queste prime informazioni: era come aver trovato il pezzo di un puzzle che credevo perduto per sempre.
Quello che sappiamo adesso è che:
- il Necronomicon sarebbe legato in pelle umana presa da cadaveri uccisi con la stregoneria, al fine di proteggerne il contenuto dagli esseri che con esso si evocherebbero.
- è possibile creare pergamena di pelle umana e quindi rivestirne un libro.
- abbiamo trovato citazioni che parlano di libri rilegati in questo modo.  

Next
Come abbiamo visto dopo qualche ricerca, devo dire neanche tanto faticosa, qualcosa è venuto fuori; ma prima di trarre altre conclusioni mi sembra necessario approfondire la ricerca; ne parleremo nel prossimo post su questo argomento.

martedì 14 settembre 2010

Intermezzo: un libro di Matteo Poropat

Ho appena finito di leggere L'influenza di H.P.Lovecraft sul mondo ludico di Matteo Poropat e devo dire che è stata una piacevole sorpresa, innanzitutto perché esprime in maniera chiara il rapporto tra Lovecraft e il suo futuro: quel presente che ci appartiene e che lui ha plasmato fino agli angoli più remoti della tecnologia di ultima generazione.
Propat è riuscito ad approntare un compendio critico e selettivo dei giochi legati allo scrittore di Providence e ai suoi incubi: dall'affascinante GdR Call of Cthulhu della Chaosium pubblicato nel 1983, ai più moderni videogiochi, compreso lo splendido cameo del cucciolo di Shub-Niggurath che idSoftware inserisce nel primo Quake.
Il libro per forza di cose (e questo testimonia l'imponenza dell'impronta lasciata dal solitario di Providence) è anche un excursus sul mondo dei giochi in generale, offrendo più d'uno spunto per approfondire generi ludici meno conosciuti.

Impossibile non segnalare il saggio finale di Pietro Guarriello giustamente intitolato: H.P.L. Il personaggio che nacque dopo la sua morte.
Guariello viene dalla scuola di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco (che sono tra i maggiori studiosi e conoscitori di Lovecraft) e, come loro, ne coglie il senso più profondo:

“Io sono uno che odia l’attuale, un nemico dello spazio e del tempo, della legge e della necessità. Bramo un mondo di misteri fastosi e giganteschi, di splendore e terrore, in cui non regni alcuna limitazione, tranne quella dell’immaginazione più sfrenata”.
(da una lettera di Howard Phillips Lovecraft indirizzata all’amico Frank Belknap Long)

È possibile scaricare gratuitamente il libro dal sito dell'autore (www.memoriedalbuio.com); ma ne consiglio l'acquisto in forma cartacea anche dopo aver letto il file gratuito, perché è da considerarsi un piccolo oggetto da collezione.

domenica 12 settembre 2010

Pergamena ed estetica del Necronomicon

Ebbene sì, la pelle umana può essere utilizzata per rilegare un libro, per quanto eccessivo possa sembrare; ma perché ciò sia possibile è necessario un trattamento differente da quello utilizzato per ottenere il cuoio.
Al fine di ricostruire la reale estetica del N. cerchiamo ora di capire cos'è la pergamena e che differenza tra questa e il cuoio.

Tecnica :
La pergamena (così come nelle prime manifatture ottenute nella città di Pergamon intorno al 200 a.C.) viene ricavata dalla pelle di animali (soprattutto capra, montone e agnellone) attraverso un processo di scuoiatura, calcinazione, depilazione ed essiccazione al sole. Il risultato è una membrana dal colore bianco lattescente, sulla quale è possibile scrivere (previa preparazione con pomice) oppure usarla per rilegare i libri, pratica molto gradita ai bibliofili dei secoli passati.

La pelle dei mammiferi è costituita da tre strati: epidermide, derma e ipoderma (carne del tessuto sottocutaneo). Sia la pergamena che il cuoio sono ricavati dal solo derma, per questo è necessario procedere alla separazione degli strati.
Tuttavia in alcuni mammiferi (tra cui l'uomo) lo stato di connessione tra derma ed epidermide è talmente stretto che la separazione non è facile; quindi, dopo la scuoiatura, si ricorre alla calcinazione: immersione in una soluzione di idrossido di calcio per sfibrare l'epidermide favorendo il distacco dal derma. In questo modo ci si avvia verso la produzione della pergamena.

Osservazioni :
Quanto appena descritto ci porta a una conclusione tanto ovvia quanto ignorata dai falsificatori di Necronomicon: la copertina del N. non può essere di cuoio; non sarà quindi nera, né marrone, né scura: se il Necronomicon esistesse avrebbe un aspetto candido e lattescente.
Nell'immagine potete vederne un esempio: nel caso specifico si tratta della legatura in piena pergamena (in pelle di animale, ovviamente) di un testo del XVII secolo (prima edizione dell'Innocente senza scuse del gesuita P.Segneri - 1690) abbastanza malandata che, come si nota dalla bruciatura, dev'essersi salvato per un pelo dal fuoco. In alto a sinistra si vede ancora l'impronta delle cellule epiteliali.
Credo che il N. avrebbe un aspetto molto simile a questo. Quindi occhio! Se vi capita tra le mani non fatevelo sfuggire.



Next :
Necronomicon a parte, esistono libri realmente rilegati in pergamena di pelle umana?
È quello che cercheremo di scoprire nel prossimo post su questo argomento.

lunedì 6 settembre 2010

Pelle umana e stregoneria

Una delle voci più diffuse è quella secondo la quale il Necronomicon sarebbe rilegato in pelle di esseri umani uccisi con la stregoneria; ma approfondiamo questo aspetto.
La prima cosa che viene da chiedersi è il perché sarebbe stato rilegato in questo modo: unicamente per il gusto del macabro? E ancora: è veramente possibile realizzare una legatura utilizzando la pelle dell'uomo?

Analizziamo una cosa per volta:
ultimamente ho letto un articolo (rainews24) nel quale si parlava di traffico di pelle umana legato a una serie di uccisioni di uomini e donne accusati di praticare la magia, avvenute in Tanzania. Sembra infatti che le popolazioni primitive che ancora ci abitano, siano convinte che la pelle umana, utilizzata durante appositi riti, tenga lontani i demoni dalle case (http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=7579).
Per la prima volta, da quando faccio ricerche sul N., mi imbatto in un'informazione, proveniente da fonte attendibile, che fa luce sulla possibile motivazione che spingerebbe un legatore di libri ad utilizzare un materiale del genere.

Il N. sarebbe quindi rilegato in pelle umana sottoposta a particolari rituali magici (stregoneria?), forse addirittura mentre è ancora in vita, al fine di tenere lontani i demoni dal contenuto del libro; il motivo?
Il motivo è semplice: quello che c'è scritto nel testo dev'essere un segreto soprattutto per i demoni. Questo concorderebbe con l'ipotesi che il libro contenga informazioni tali da permettere agli uomini di evocare e controllare gli stessi spiriti maligni (o Grandi Antichi, o demoni) e quindi questi lo distruggerebbero se solo potessero avvicinarvisi.

Osservazioni:
Sembra che Lovecraft avesse l'occhio lungo, e che tutti gli spunti che ha lasciato portino a teorie convergenti. È come se avesse seminato delle idee che continuano a crescere e basta semplicemente raccogliere.

Next:
Nel prossimo post vedremo se e come sia possibile utilizzare la pelle umana per la legatura di un libro e quale aspetto questa avrebbe.

mercoledì 1 settembre 2010

Necronomicon: la nascita di un nome

Il nome di Necronomicon nasce con la traduzione greca di Teodoro Fileta (Theodorus Philetas).
Lovecraft afferma che il titolo Necronomicon, apparsogli in sogno, significherebbe: La descrizione delle leggi che governano i morti. Laddove la parola Necronomicon sarebbe composta dalle voci greche nekros, nomos ed eikon.

Se invece si considera che nel titolo la parola chiave sia onoma si potrebbe tradurre Libro dei nomi dei morti. Questa seconda ipotesi mi sembra decisamente azzardata benché sia con questa traduzione che molto spesso ci si riferisce al testo.
Tenendo in considerazioni altre parole greche che potrebbero apparire nel titolo (nomos = legge; nom- = spazio; nomikos = legislatore) si ipotizzano altre traduzioni: Le leggi dei morti ; Il luogo dei morti ; Il legislatore morto .

Un'ipotesi attendibile e affascinante è che il Fileta abbia preferito dare al testo un titolo esplicativo per descriverne il contenuto. 
Assumendo che il titolo di Necronomicon, scelto da Fileta, sia rimasto invariato nei secoli, esso può dirci qualcosa riguardo il contenuto stesso del testo.
Ipotizziamo che le tre parole greche che lo compongono siano "nekros", "nomos" ed "eikon" e scendiamo più a fondo nell'analisi del loro senso, visto che in greco ogni lemma può assumere significati molto differenti. 
Cominciamo dalla parola "nekros" che può essere tradotta in "cadavere" o "morto" e ipotizziamo che Fileta si riferisca ai Grandi Antichi.
 "Nomos" è la seconda parola che compone il titolo e può avere diversi significati in particolare ci sembrano indicativi quello di "legge" e quello di "canto".
Infine "eikon" è "immagine, ma anche "simulacro". 
Possiamo fare due ipotesi:


1. Che il testo contenga delle leggi (nomos ) o delle regole che hanno valore di evocazione di antiche divinità scomparse (gli esseri morti di cui parla Alhazred che sono probabilmente i Grandi Antichi di HPL).


2. Che nomos inteso come canto si riferisca ai suoni emessi dagli stessi e tradotti da chi li ha ascoltati (Abdul Alhazred).
In entrambi i casi si potrebbe trattare di informazioni su questi esseri da loro stessi trasmesse.
Colui che ha ascoltato questi ululati o canti, ed è stato in grado di darne una rappresentazione (eikon), è probabilmente solo un portatore del messaggio. In quanto tale egli è privo di responsabilità (irresponsabile, folle). Alhazred sarebbe quindi il rappresentante di uno o più esseri divini, è quindi un simulacro (eikon) per mezzo del quale loro comunicano con gli uomini.

lunedì 30 agosto 2010

Al Azif: le radici del Necronomicon

Sul nome del testo
Comincerò con il pubblicare alcune informazioni sul nome del libro, ricordando che Necronomicon è il titolo che prende l'antico testo arabo Al Azif nella traduzione greca.

Il manoscritto Al Azif fu composto a Damasco nel 730 d.c. da Abdul Alhzred.
 Il testo fu poi tradotto in greco con il nome di Necronomicon.
 Titolo originale dell'opera è Al Azif, dove Azif è l'allocuzione usata dagli arabi per indicare gli strani suoni notturni (dovuti agli insetti) che si supponevano essere l'ululato dei dèmoni.
 Il nome corretto potrebbe essere Kitab Al-Azif ovvero Libro degli Ululati dei Demoni del Deserto.


Osservazioni:
- Probabilmente l'Al Azif fu manoscritto su pergamena, ovvero pelle di animale calcinata, generalmente si trattava di pecora o montone.